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Tutti tranne me

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Per chi sono i libri per bambini?

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Alessia Napolitano
apr 24, 2025
∙ A pagamento
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Nel mio orto ho diverse qualità di menta

Menta Piperita

e una delle cose che più preferisco fare la mattina appena sveglia è strofinare il pollice e l’indice sulle foglie delle giovani piantine e percepire la differenza delle varie essenze. Se sbaglio la sequenza e inizio dalla menta piperita, non riesco più a sentire la menta marocchina, dal sentore molto più delicato.

È una primavera piovosa. Spesso, nelle sere di queste ultime due settimane, ho guardato l’orto dalla finestra e messo ordine, nella mia mente, tra tutte le cose che avrei voluto fare l’indomani. E l’indomani era sempre un giorno piovoso.

Finalmente sabato è stata una giornata di sole. Una luce limpida ha toccato tutti i verdi del bosco e del giardino, gli “amici del sole” hanno finalmente schiuso il loro giallo sfacciato, e la menta, la mattina presto, ha esalato nel calore del sole un profumo più intenso. Era il giorno giusto per raccoglierla. L’alba è il momento migliore per cogliere le foglie apicali delle erbe aromatiche perché tutta la linfa è richiamata in superficie per beneficiare della prima luce. Come noi (o almeno, alcuni di noi) al mattino siamo più energici e vitali, così è anche per le piante.

Allora occorre staccare le foglie con le dita per evitare che il contatto della forbice con la linfa ossidi il gambo; poi bisogna legare tra loro i rametti con un filo di cotone e metterli a testa in giù, in un luogo fresco. I mazzetti saranno pronti per essere sbriciolati nel giro di un mese.

Mentre mi accingo ad appendere la menta alle travi della cucina, ho cura di dividere le varie essenze: qui la menta glaciale, poi la rotundifolia, la piperita, la marocchina. Il gesto di dividere e raggruppare è un bel modo di fare ordine. Penso al bellissimo saggio di Ivan Illich Nella vigna del testo dove lo studioso ripercorre la storia dell’oggetto libro, dal Medioevo fino ai giorni nostri. Illich ci rende noto che la parola “pagina” veniva inizialmente attribuita alla parte inferiore della foglia della vite. Tutto il nostro amore per i libri viene dalla terra e alla terra ritorna: cultura, stralcio, pagina...

siamo contadini di parole, divise e organizzate per essere ritrovate, adoperate.

Nel mio nuovo percorso di formazione “Il lettore elementale”, ho dedicato l’elemento “terra” al lettore “in erba”, quel lettore che deve letteralmente mettere il naso tra le pagine e coltivare sillabe e lettere come tanti minuscoli semi da far germogliare poi nella sua mente come parole. La righe del testo sono le zolle da arare, avanti e indietro, avanti e indietro... e piano piano la fatica si allevierà e il giogo scorrerà più rapido sulla pagina. Siamo tutti stati contadini, ricordiamo bene quella fatica.

Sistemato il tavolo della cucina dopo aver lavorato la menta, è ora di iniziare i lavori nell’orto.

Menta glaciale

Mi allaccio il grembiule, infilo i guanti da giardino e mentre spingo la gamba faticosamente nello stivale di gomma sento già nell’aria il profumo pungente della rotundifolia. Pregusto le tisane estive nelle ore più assolate del pomeriggio, ma ora mi aspettano due ore di lavoro buono.

Interro le pratoline e rifletto che forse la fatica di leggere non finisce mai.

È vero: imparato il gesto attraversiamo le parole tutto d’un fiato, dando ossigeno alle storie e bruciando insieme a loro... ma se il nostro amore per i libri viene dalla terra, allora guardando tutto questo verde intorno e tenendo tra le mani le fragili radici della pratoline, mi accorgo che c’è qualcosa che dovremmo imparare a leggere per tutto il corso della nostra vita: un albero.

Tornare agli stralci della vite, alle zolle, alle pagine delle foglie... forse leggere un giorno ci servirà a posare il libro ed entrare più in comunione con gli alberi? Forse non siamo per forza i libri che leggiamo, ma pensieri che cercano di mettere radici nella terra.

Saper leggere è anche saper guardare tra le righe, è provare a penetrare davvero il testo, trascenderlo.

Le pratoline sono ora ben disposte. Metto intorno al loro colletto scoperto la terra scura e concimata avanzata dal rinvaso della rosa. Premo bene con le mani e senza guanti accarezzo le foglie per incoraggiarle: i trapianti sono sempre delicati, un po’ come cambiare città, ci vuole sostegno e incoraggiamento.

Il lavoro è quasi finito: ho sparso la cenere, rimboccato il vaso del gelsomino, messo i sostegni per i pomodori, anche se al momento non sono che delle esili piantine. Ho seminato la perilla (quanto l’ho desiderata! Non mi pareva vero di aver trovato la sua semenza a una fiera di paese l’autunno scorso!)

Tra poco mi farò una doccia e mi metterò a scrivere.

È bello dopo aver lavorato nell’orto dedicarsi ad un’attività più raccolta... Raccolta... scriviamo e ci raccogliamo, spicchiamo dai pensieri parole che poi qualcuno coglierà.

Antologia... raccolta di fiori. La mente divaga in mille giochi di parole. È ora di dedicarsi ad altro.

C’è anche il pranzo da preparare: oggi asparagi e frittata. Ho molta strada da fare prima di saper leggere un albero, ma intanto mi dedico alla critica letteraria, che forse è un altro modo per tenere allenata la nostra capacità di leggere.

Buona giornata del libro, anche se con un giorno di ritardo, a tutte voi, care lettrici! Spero che l’articolo di oggi apra in voi nuovi sguardi, soprattutto nuove domande.


In questa Sassolini

Troverete

  • un lungo articolo dedicato a Nessuno tranne me, l’albo di Sara Lundberg che ha ricevuto la menzione speciale al Bologna Ragazzi Award 2025, e Il segreto di Rosie, di Maurice Sendak.

  • uno sconto speciale per recuperare la diretta su YouTube di “A quattr’occhi - La forma del successo”, un focus sui segni e i contenuti di quattro albi fortunati, usciti recentemente in Italia

  • un esercizio per struggerci insieme e tentare una comparazione letteraria


Tutti tranne me

“Mamma?”

“Mhm...”

“Giochiamo?”

“Posso finire di bere il caffè?”

“Io sono il leopardo e tu la scimmia. E la sabbia è il mondo che facciamo.”

“Ok.”

“E questo è il fiume. Puoi vedere il fiume, mamma?”

“Che bello. Vieni qui che ti metto la crema.”

“Guarda, una coccinella! Oh, è volata!”

“Facciamo il bagno?”

“No… Voglio andare in barca.”

“Ok, allora metti il giubbotto di salvataggio”

“Nessuno tranne me”, di Sara Lundberg, traduzione di Maria Valeria D'Avino, Orecchio Acerbo

Menzione speciale al Bologna Ragazzi Award 2025

La motivazione della giuria:

Lirico, magico, fantastico, onirico e al tempo stesso intimo, simbolico, sentimentale, universale, questo albo ha stregato la giuria.

Denso di omaggi alla grande letteratura e all'arte, da Matisse a Sendak, dalla pittura di Rousseau all'illustrazione contemporanea, l'albo di Sara Lundberg combina un uso perfetto di diversi registri compositivi con un'impaginazione ricca e variata. Le tavole pittoriche descrivono un viaggio di formazione immaginifico e struggente che attraversa luoghi e paesaggi realistici e immaginati, incontrando tanto pericoli quanti aiutanti magici. Fluttuando sulla superficie del fiume, condensando una grande avventura in un tempo breve, dilatando con l'avventura lo spazio della propria autonomia, il protagonista e l'autrice ci invitano ad assistere al sortilegio di un perfetto romanzo d'infanzia.

Illustrazioni di Sara Lundberg per “Nessuno tranne me”

Leggendo la motivazione della giuria mi interrogo sulla mia sensibilità verso i linguaggi dell’albo illustrato. Mi chiedo se io sia diventata arida e se i miei studi, le mie costanti riflessioni sulla forma e sulle modalità con cui oggi l’adulto sceglie un libro per bambini mi abbiano fatto perdere quella magia che quasi ogni donna che incontro in libreria o durante le mie formazioni mi dice di provare quando sfoglia un libro illustrato.

Sono diventata una studiosa senza cuore?

E se Peter Pan ci ricorda che solo chi è “innocente, spensierato e senza cuore” può volare, penso anche che io sono un’adulta, e vorrei pormi seriamente questa domanda.

Serviva perdere il cuore per fare critica letteraria? Rimango in ascolto.

Infine sul fondo del silenzio sento un crepitio e vedo un bagliore allargarsi nel buio. Lo riconosco: è la fiamma delle storie. Il suo calore mi conforta, perché credo che il mio studio e il mio costante lavoro sui libri sia ancora generato da un grande rispetto verso lo spirito dell’infanzia. Allora decido che la mia ricerca può continuare e che posso procedere scrivendo questo articolo delicato, con il quale magari qualcuno si troverà in disaccordo, e sarà giusto così.

Il bambino di questo libro emerge un po’ alla volta da un dialogo perfettamente equilibrato tra una madre e suo figlio: una madre sufficientemente buona, quieta e distaccata per lasciare al bambino lo spazio per i suoi giochi e i suoi ragionamenti, e un figlio educato e curioso, che esercita sulle cose che ha intorno una fantasia che si rivelerà straordinaria. Nell’albo di Sara Lundberg assistiamo ad una storia semplice che vede come protagonisti un adulto capace di stare amorevolmente nella relazione con un bambino, e un bambino sereno e intelligente che trasforma una giornata al lago nel più bello dei giochi. L’organizzazione equilibrata del plot narrativo e le belle tavole illustrate hanno fatto guadagnare a questo libro, edito in Italia per Orecchio Acerbo, una menzione speciale alla Bologna Ragazzi Award, la fiera del libro per bambini più importante del mondo. Tuttavia, fin dalla prima lettura, questo testo mi è sembrato estremamente controllato, come se la forma della scrittura mi forzasse ad una visione.

La fiamma delle storie che scricchiola sul fondo del silenzio mi sussurra di essere coraggiosa, di restare fedele... A cosa? A quello che c’è, ai bambini per quello che sono, alle loro storie e a quelle scritte per loro. La fiamma mi mostra Giacomo che fa file di animali e desidera che nessuno tocchi le sue scenografie quando è ora di andare a dormire; mi ricorda il dialogo avuto con Sofia davanti ad una piscina vuota, che tutta emozionata mi racconta di quella volta che la sorella le ha lanciato dall’acqua la maschera e le ha quasi rotto il naso; poi vedo Bruno che a tre anni e mezzo ancora non parla fluentemente e si cava giù i pantaloni davanti a scuola per protesta; e poi Lucio che mi descrive una per una le sue carte Pokémon senza invitarmi davvero a giocare.

Nella finzione narrativa un autore o un’autrice condensano la realtà e i sogni che essa produce, restituendoci un racconto avvincente, narrabile; tirano dalla rete delle mille storie possibili quell’unico filo d’oro e lo tessono fino a consegnarci una storia fatta di trama e di ordito. Nelle storie un bambino può essere tutto, può essere anche un bambino ideale, immaginato; ma se la storia è PER i bambini, allora occorre prestare attenzione, perché il filo d’oro, dal quale nasce il nostro desiderio di scrivere e narrare, deve dire qualcosa di vero, anche quando trama e ordisce la più fantasiosa delle storie.

Maurice Sendak dopo un anno di schizzi e disegni scrive e illustra Il segreto di Rosie. Il suo filo d’oro era una bambina che giocava lungo i marciapiedi di Brooklyn. Siamo nel 1948.

Un’altra epoca. Eppure leggendo Sendak sentiamo che Rosie è vera anche se i suoi giochi non sono più i giochi dei nostri bambini di cinque anni. Nel libro compare anche la madre di Rosie con la quale, a volte, la bambina interloquisce. Ma questa madre che amministra il quotidiano, non crea con le lettrici adulte nessun coinvolgimento, nessun legame. A volte ci fa sorridere, ma ce la dimentichiamo velocemente: la protagonista è senza alcun dubbio Rosie ed è per lei e intorno a lei che si articola la storia. I bambini che leggono il libro di Sendak lo capiscono subito.

Illustrazioni e testo di Maurice Sendak per Il segreto di Rosie, Adelphi

Eppure l’impressione che il libro di Sara Lundberg esercita sul pubblico adulto è molto più forte di quella che esercita un albo straordinario come Il segreto di Rosie, e non si tratta solo dell’impatto visivo delle illustrazioni, ma anche e soprattutto del carico emotivo che il contesto muove per rispecchiamento su una donna adulta appassionata di libri per bambini.

La mamma inventata da Sara Lundberg è la madre dolce, calma amorevole che forse vorremmo essere. Anche la madre di Rosie è presente e amorevole, ma allora perché non ci coinvolge allo stesso modo? Perché la storia scritta e illustrata dalla Lundberg pone questa madre in primo piano e la investe di un modello pedagogico al quale sentiamo di voler aderire.

Anche la sua rappresentazione è rassicurante: ha un corpo morbido ed indossa un abito largo a fiori che ricorda un po’ quelli che portavano le nostre nonne in estate.

Questi dettagli provocano a livello percettivo una sensazione positiva: molte di noi possono recuperare dai loro ricordi alcuni gesti semplici, distaccati ma amorevoli (come metterci sulla schiena la crema solare) che ci facevano sentire amati e al sicuro.

Illustrazione di Vessela Nikolova tratta da In spiaggia, Topipittori

E anche se nostra madre difficilmente avrebbe avuto con noi una conversazione simile a quella riportata nel libro, la madre ritratta dalla Lundberg ci appare attenta nello stesso modo, e inoltre parla al suo bambino come vorremmo parlare noi ai nostri figli: con interesse, ma senza forzare, distaccate, ma custodendo nel cuore quel senso diffuso di meraviglia.

In Nessuno tranne me tutto questo è visibile e dichiarato.

Tra i tanti aggettivi con cui la giuria definisce la potenza di questo albo, ne usa uno che mi ha particolarmente colpito:

struggente.

Struggersi è un sentimento che si riferisce ad una passione intensa, tormentosa e dolce nello stesso tempo, qualcosa per cui si prova nostalgia.

Io credo che la nostalgia non sia un sentimento che appartiene all’infanzia. Devono formarsi le categorie spazio e tempo perché una simile sensazione possa esprimersi.

Certo, la critica letteraria sulla letteratura per l’infanzia è fatta da adulti ed è naturale sentirsi coinvolti. Ma quando si decreta un buon libro, a quale lettore si sta pensando?

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