Allora, Pippi, quanto pensi che faccia 8 più 4?
Così a occhio e croce, 67 – rispose Pippi dopo matura riflessione.
Ma no! – disse la maestra. – 8 più 4 fa 12.
Ah, vecchia mia, ora stiamo proprio passando il segno! – s’indignò Pippi - Tu stessa hai detto poco fa che 7 più 5 fa 12. Perfino a scuola ci vuole un po’ d’ordine! D’altra parte, se ti perdi in simili sciocchezze proprio come una bambina, perché non ti metti buona buona in un angolo a contare per conto tuo e ci lasci in pace, così noi intanto possiamo giocare a nasconderci?

Dove portano oggi i Sassolini
Bentrovate, in questa newsletter troverete
un lungo articolo su Pippi Calzelunghe
la mia lettera
una nuova bibliografia concentrica per lettori di tutte le età, a partire da Pippi
una promozione
Cominciamo.
Pippi Pan
Più di una lettrice, nel corso degli anni, mi ha detto - o confessato - che Pippi le sta proprio antipatica; così antipatica da non voler più leggere il libro anche quando i bambini lo avrebbero riascoltato volentieri o perfino quando lo richiedevano a gran voce.
Pippi è una figura che sta oltre la soglia, ma come tutte le creature mitologiche e archetipiche, ama fare incursioni nella realtà, venire di qua a creare un po’ di scompiglio.
Si annuncia con un inchino irriverente, come a dire “Signore e signori, eccomi. Vi guardo senza cercare di capirvi e senza cercare la vostra simpatia o la vostra approvazione. Fareste meglio a fare altrettanto. Io sono, come ognuno dovrebbe essere.”
Ma questo non è qualcosa che può dirci dichiaratamente. Un conto è dire qualcosa con il linguaggio letterario e un conto è esporlo secondo le regole della ragione.
In effetti la letteratura come tutte le arti, vive perennemente in bilico tra ciò che si può dire - mostrando più che rivelando - e ciò che invece non si può dire - pena la perdita dell’innocenza del lettore, che deve poter addentare la mela per conto suo e secondo i propri mezzi.
“I segreti non si devono dir mai” direbbe Leo di Laura Orvieto, soprattutto in letteratura; in questo senso l’analisi letteraria si prende una licenza, affinché possa restituirci attraverso la ragione proprio ciò che in letteratura deve restar segreto, per tornare al testo con il desiderio di ritrovare proprio quel segreto, e riappropriarsene così com’è, intatto.
Ma non sono qui per dimostrarvi la simpatia di Pippi - che davvero sarebbe un’impresa ardua - piuttosto per raccontarvi quanto sia legittimo, e perfino importante, accogliere qualsiasi sentimento voi proviate nei suoi confronti, antipatia e fastidio compresi.
Non sono qui per dirvi che dovreste ammirare o amare il fatto che Pippi sia una ribelle, un’anticonformista, o l’emblema del femminismo; non perché Pippi non sia o non possa essere anche queste cose, ma perché di queste cose ne hanno già parlato, e molto meglio di me, molte altre studiose. Quest’anno ricorre l’ottantesimo compleanno di Pippi: avrete senz’altro l’occasione di leggere parecchi articoli su questi temi.
Sono qui perché vorrei provare a socchiudere una porta che si tende a tener chiusa - specie quando si parla di bambini - e vorrei farlo attraverso un parallelismo.
Pippi è lo spirito panico dell’infanzia
Figlio di Ermes e della ninfa Penelope, Pan è tra i pochi dei a non far parte dell’Olimpo; ciononostante è un dio che ricopre la sua importanza nell’ordine delle cose: sotto la sua protezione ci sono infatti le selve, le greggi e per estensione, la natura. Pan è un fauno, per questo è per metà capra e per metà uomo. Un dio ibrido che incarna lo spirito selvatico del bosco e al quale sono votate le ore del meriggio estivo, quando gli armenti riposano e il mondo è avvolto da un’insolita calura, che ci invita a restare tranquilli. Ma l’urlo di Pan che salvò gli dei dalla furia dei Titani, è talmente terrificante che ancora oggi facciamo derivare lo stato di panico dal suo nome.
Pippi dal canto suo non avrà di certo un aspetto caprino, ma possiede una forza straordinaria, mangia chiodi a colazione ed è in grado di sovvertire le regole della natura con la sua volontà, una volontà indomita che i bambini riconoscono perché è insita nel verbo per loro più importante. Un verbo creatore e vitale: giocare.
Pippi è capacissima di scatenare il panico, di sparigliare le carte in quel modo così caotico e irriverente da non darti più nessun punto di appiglio.
Di certo Pan non è un dio amabile, anzi! La sua continua ricerca del piacere, la sua baldanza e il suo aspetto grottesco - del resto anche Pippi ha tratti grotteschi, come la risata sguaiata - lo rendono ai nostri occhi una creatura brutale.
Ma se Pan è lo spirito dei boschi, l’irruento impulso creativo che muove dalla forza generativa della natura, Pippi è lo spirito dell’infanzia, e io penso che natura e infanzia abbiamo molto in comune. Pippi muove dalla forza propulsiva di una vita nuova, in boccio, piena di linfa vitale da spendere e spandere. Non la si può fermare e non le si può nemmeno chiedere di annoiarsi. “Piuttosto di annoiarmi mi uccido” diceva Giannino Stoppani detto anche Giamburrasca. Nemmeno lui un tipo granché accomodante, e non è certo l’ultimo della lista.
“Innocente, spensierato e senza cuore”, Peter Pan ha voluto addirittura omaggiare nel suo nome lo spirito della natura. Tre personaggi inafferrabili, che deliziano i bambini, ma infastidiscono - quando proprio non atterriscono - gli adulti.
Del resto, ciò che più crea turbamento nei genitori contemporanei quando leggono le loro avventure è esattamente quello che il dio Pan più di ogni altro dio rappresenta: la perdita del controllo. Certo Dioniso gli è compare, e non a caso i due dei vengono spesso equiparati o addirittura sovrapposti, ma Pan come Pippi è molto più estremo. I confini con Pippi non esistono, i limiti tra realtà e fantasia sono sfilacciati, così come quelli tra visibile e invisibile. Pippi irrompe nella nostra realtà con tutta la sua fantasia creatrice.
Come Pippi, Pan sa anche essere generoso, ma al di là di ogni gesto benevolo, entrambi compiono sempre qualcosa di inaspettato; del resto, quando ci troviamo in natura o ci relazioniamo all’infanzia, assistiamo di continuo a cambiamenti repentini, a volte perfino straordinari. Sappiamo che esistono delle regole, ma sappiamo anche che le eccezioni sono molte di più. Mantenere il controllo in simili circostanze risulta davvero un’impresa ardua; possiamo attrezzarci al meglio, studiare e applicarci, ma le nostre tesi si trasformano in nuove ipotesi e la riuscita del benché minimo programma è sempre a rischio.
Pensavamo di avere tra le mani un innocente libro per bambini, ma ecco che avvertiamo un certo prurito. C’era bisogno di una come Pippi che fa venire l’orticaria per come è in grado di trasformare il tranquillo ordine degli eventi in una narrazione caotica e pure poco edificante?
Nessuna logica, nessun ordine nella trama.
Ma la perdita di controllo in Pippi è parte della sua natura ambigua e potente, né maschile né femminile.
Pippi supera ogni dicotomia perché è anteriore alla creazione del mondo.
Come Mary Poppins, con la quale condivide per altro il brutto carattere.
E se gli opposti non ci sono più dove possiamo collocare la regola?
Come capire se una cosa è giusta o sbagliata se i poli sono andati in frantumi? Come esercitare un controllo, anche positivo e necessario, su quell’età delicata che è l’infanzia e quindi proteggere i bambini dalla possibilità di... morire?